Arbitrato rituale e irrituale
Un giudizio competente e imparziale
La parola “arbitrato” proviene dal latino "arbitratus": “giudizio”. Oggi, però, nel nostro ordinamento questa parola ha il significato di un percorso alternativo alla giurisdizione statale in grado di rispondere alla crescente domanda di giustizia in maniera più semplice e flessibile. E' uno strumento attraverso cui le parti decidono di affidare la risoluzione di una controversia a un soggetto privato nominato di comune accordo: l'arbitro.
L’accordo tra le parti si può manifestare in due diverse modalità. Il compromesso: con il quale le parti regolano lo svolgimento dell’arbitrato per la soluzione di una controversia già in essere, e la clausola compromissoria, ovvero la clausola inserita in un contratto che ha come oggetto le eventuali controversie future relative a un rapporto determinato anche di natura non contrattuale.
Nel nostro ordinamento si distinguono essenzialmente due forme di arbitrato:
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L’arbitrato rituale: un giudizio effettuato da un arbitro che, in forza dei poteri conferitigli contrattualmente dalle parti, individua la soluzione più appropriata ad una controversia.
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L’arbitrato irrituale: una forma di risoluzione convenzionale alle controversie. Le parti conferiscono all'arbitro il compito di dirimere una lite con un atto negoziale, impegnandosi a considerare come espressione della propria volontà quanto deciso.
Possono essere sottoposte ad arbitrato esclusivamente le controversie riguardanti diritti disponibili in materia civile e commerciale (ad esempio, non possono essere oggetto di arbitrato controversie in materia di filiazione, separazione, divorzio).
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